Benvenuti nella Terra di Erin

Questo blog racchiude i miei sogni.
Racchiude il mio amore per la magica Terra Irlandese, terra di fate e folletti, terra di sogni e di speranze.
Spero di trasmettere a voi tutte quelle emozioni che la gente d'Irlanda ha trasmesso a me.
Pronti per spiccare il volo?
Aprite le ali e voliamo insieme.

lunedì 13 dicembre 2010

Il tesoro


(Tratta da: "Le avventure di Tom Bombadil" di J. R. R. Tolkien)

Quando il Sole e la Luna ancor giovani erano
di oro e di argento gli dei cantavano;
nell'erba verde argento spargevano
e l'acque chiare di oro riempivano.
Prima che inferno o abisso venisse scavato,
prima che nano o drago fosse generato,
c'eran Elfi antichi che negli avvallamenti
e sotto verdi colline di magie cantavano
mentre begli oggetti e corone scintillanti
per i re degli Elfi forgiavano.
Ma per un fato avverso il loro canto andò perduto:
dall'acciaio incatenato, dal ferro abbattuto.
Non cantò avidità, né con bocca sorrise;
sulla Terra degli Elfi l'ombra discese:
in antri oscuri il tesoro fu ammassato,
argento scolpito e oro cesellato.

In una buia grotta un vecchio nano viveva,
dall'oro e dall'argento le dita mai staccava;
sì forte batteva incudine e martello
che sulle sue mani si formò più di un callo;
e monete coniò ed anelli forgiò:
di comprare il potere dei re pensò.
Ma gli occhi si offuscarono, l'udito si indebolì
e la pelle sulle ossa del suo cranio ingiallì;
le pietre dure dalle dita ossute
con un pallido splendore scivolaron, non vedute.
Non sentì i passi, ma la terra tremò
quando il giovane drago la sua sete appagò:
un fiume infuocato fumò alle sue porte
e nel fuoco il nano trovò, solo, la morte:
sibilaron le fiamme sul pavimento inumidito,
in quel fango bollente ogni osso fu incenerito.

Sotto la grigia pietra un vecchio drago viveva,
gli occhi rossi sbatteva mentre solo giaceva.
Morta era giovinezza e le gioie passate,
le membra raggrinzite, nodose e incurvate
dopo tanti anni trascorsi al suo oro incatenato,
anche il fuoco nel suo cuore s'era ormai affievolito.
Di gemme era incrostato il suo limoso ventre,
leccava ed annusava il suo argento e l'oro sovente:
lui conosceva il posto del più piccolo anello
sotto l'ombra nera del suo alato mantello.
Sul suo duro giaciglio ai ladri pensava
e in sogno delle loro carni si cibava,
frantumava le ossa ed il sangue beveva:
le orecchie abbassò, mentre il fiato perdeva.
Non udì il tintinnare di un'armatura.
una voce echeggiò nella sua grotta scura:
con spada scintillante un giovane guerriero
lo chiamò a difendere il suo tesoro.
Coriacea era la pelle, e i denti poteron poco
ché lo straziò la spada, s'estinse anche il suo fuoco.

Su un altissimo trono un vecchio re viveva:
sulle ginocchia ossute bianca barba pendeva;
ne' carni ne' bevande egli più assaporava,
ne' canti più sentiva; ma soltanto pensava
al suo enorme forziere col coperchio intagliato
dove pallide gemme e oro avea celato
in un antro segreto, in quel terreno scuro,
con le robuste porte incatenate col ferro duro.

Dei suoi fidi la ruggine aveva ormai corroso
le spade; caduto il governo ingiusto e il suo regno glorioso,
vuote eran le sale, fredde le sue dimore,
ma dell'oro degli Elfi egli era il signore.
Dei corni sul passo non udì il fragore,
del sangue sull'erba non sentì l'odore,
e il suo regno fu perduto, le sue sale bruciate,
e le sue ossa in una fossa furon gettate.

In una roccia scura un antico tesoro sta' 
obliato dietro porte di cui nessuno le chiavi ha;
nessuno può varcare quel sinistro cancello.
Cresce l'erba verde sopra quel monticello
dove brucan le pecore e le allodole soglion volare
e il vento soffia dalla spiaggia del mare.
Quel antico tesoro sol la Notte ormai rinserra
mentre dormono gli Elfi, ed attende la terra.

La luna nel pozzo

Una notte Hodja camminava nei pressi di un pozzo quando sentì l'impulso di guardare dentro. Stupito vide il riflesso della luna nell'acqua e esclamò: "La luna è caduta nel pozzo. La devo salvare in qualche modo!"
Si guardò attorno e raccolse una fune con un uncino, la gettò nel pozzo e gridò: "Afferra l'uncino, luna, e tienilo stretto! Ti tirerò fuori". La fune si impigliò in una roccia dentro il pozzo e Hodja tirò verso di sé la fune con tutte le sue forze.
Di colpo l'uncino si liberò dalla roccia e Hodja finì disteso per terra. Con gli occhi rivolti al cielo vide sopra di lui la luna in alto nel cielo. "Che fatica, ma ne è valsa la pena, sono riuscito a liberare la luna dal pozzo", disse con un sospiro di sollievo.


Dal "Boschetto di  Ylith"

venerdì 19 novembre 2010

Frammenti di Smeraldo

Chi mi conosce almeno un pochino sa il mio legame profondo
con la verde isola di ERIN.
Io ho l'Irlanda nel sangue, ne sono profondamente innamorato.
Questo mio amore deve essere talmente evidente che, quando ho
l'occasione di parlarne, le persone ne rimangono affascinate e
colpite.
Ho una coppia di amici che, lavorando vicino al mio ufficio, hanno
avuto più e più volte la sfortuna di ascoltare i miei racconti e la
mia “voglia d'Irlanda”.
Ho parlato talmente tante volte con Maria Laura (Lalla) e con Alessio
(Eclisse) della verde Isola che alla fine la amavano ancor prima di
averla mai visitata.
Cosi alla fine quest'anno hanno organizzato un tour in moto con
partenza da Roma, attraversando la Francia e Parigi, fino a sbarcare
in Irlanda girandola tutta con la loro fedelissima Harley Davidson.
Questo è il loro diario di viaggio che ho il piacere e l'onore di potervi
far leggere. Pagine bellissime scritte con il cuore di chi ormai è stato
contagiato da questo morbo fatale che è............. L' ISOLA DI SMERALDO.
FRAMMENTI DI SMERALDO (e acciaio cromato)
Due FREEDOM BIKERS on the IRISH Roads
Veramente difficile cercare di trasformare in parole, concetti di senso compiuto ed immagini, quel
prezioso bagaglio di emozioni,colori e calore umano, esperienze ed incontri,portato con noi al
ritorno da questo magnifico viaggio in Irlanda, l'isola di Smeraldo; neppure le foto scattate, tante e belle, riescono in questo arduo compito!
Come spiegare la sensazione di assoluta solitudine provata percorrendo strade che si perdono per km e km nelle torbiere color ruggine, unici esseri umani, in una vastità infinita, il silenzio delle basse nuvole gonfie di pioggia attraverso le quali passavamo increduli, rotto solo dal battito ritmico del cuore d'acciaio della nostra fedele compagna di viaggio......
Come elencare il rapido avvicendarsi di paesaggi tanto diversi fra loro da sembrare non appartenere allo stesso continente, figurarsi alla stessa contea?
Lo sgomento al cospetto di una natura unica e talmente possente da vincere e sovvertire persino le leggi della fisica o creare forme che solo le antiche leggende riescono a spiegare......
Il fragore del vento che modella gli aspri paesaggi e sospende in un cielo dai colori irreali il volo e i richiami dei corvi, signori e custodi di torri, rovine e pietre millenarie....
Come descrivere la spiritualità universale che avvolge questi luoghi, l'intensità delle mille sfumature di un verde, una volta visto il quale, nulla è e sarà mai più verde....
La rapida mutevolezza del clima. L'attimo di sole dopo tanta pioggia che, improvviso, rende i colori accecanti e riempie gli occhi di una bellezza che toglie il fiato e scuote via di dosso freddo e stanchezza........
Come trasmettere la travolgente spontaneità di una serata di “craic”, i colori sgargianti e i dipinti sui muri delle case, il calore e l'allegria negli sguardi e nei sorrisi della gente che ha condiviso con noi, perfetti sconosciuti, tempo, casa, storie, musica, cibo e tanta tanta strada?
Se un Leprechaun, un folletto o una delle tante creature fatate che abitano i boschi di questo incredibile paese fosse rimasto intrappolato nel nostro “Tour Pack” (zaino da moto), forse, solo allora, col suo aiuto, avrei potuto descrivere tutta quella poesia e bellezza......
Ma al disfare i bagagli, nessuna creatura fantastica è saltata giù dalla moto; solo un infinità di ricordi e sensazioni che indelebili hanno affollato l'anima e tinto il sangue del potente verde della nostalgia.
Ogni pietra antica e filo d'erba, ogni lago, albero e scogliera, ogni goccia di pioggia e raggio di sole, ogni nuvola e stralcio di cielo, ogni strada percorsa e villaggio attraversato, ogni risata udita e viso incontrato, continueranno a chiamare i nostri cuori come irresistibili sirene....... fino al prossimo incontro...
Un augurio irlandese di buon viaggio recita più o meno così:
“Possa la strada venirti incontro,
possa il vento essere sempre alle tue spalle,
possa il sole splendere caldo sul tuo volto,
possa la pioggia cadere soffice sui tuoi campi 
e, fino a che non ci incontriamo di nuovo,
possa Dio tenerti ne palmo della Sua mano...”

Come a dire che la via della felicità, a volte, passa per un raggio di sole caldo ed una buona strada.....................
E che non sarebbe stato un viaggio qualunque lo abbiamo capito appena messo piede sul traghetto che da Cherbourg, nel nord della Francia, avrebbe portato noi e la fida Trudy (il nostro Road King) a Rosslare in terra Irlandese.
Neppure il tempo di sistemare i veicoli e bagagli che tutti gli Irlandesi di ritorno a casa dalle vacanze, erano in giro per la nave con la loro brava pinta di Guinness in mano ad attaccare gaiamente bottone con chiunque, respirando aria di casa..... liquida.
Un po' stanchi per la strada percorsa fin lì (le nostre tappe precedenti erano state Aosta e una due giorni più o meno turistica in quel di Parigi..) dormiamo per la gran parte della traversata, approfittando solo in parte delle “meraviglie” offerte dal nostro super traghetto ma ricaricandoci di energie che si sarebbero poi rivelate preziose lungo questo bellissimo e movimentato viaggio.
Emozionati ed eccitatissimi sbarchiamo l'indomani a Rosslare, nel sud est dell'Irlanda, nessun itinerario prestabilito ne prenotazioni fatte; unica decisione presa, quella di percorrere l'isola circolarmente in senso orario, mantenendo la costa sempre dal lato del guidatore.......
“Un po’ stanchi per la strada percorsa fin li (le nostre tappe precedenti erano state Aosta e una due giorni più o meno turistica in quel di Parigi…) dormiamo per gran parte della traversata, approfittando solo in parte delle meraviglie offerte dal nostro super traghetto (in pratica una nave da crociera in piena regola…) ma ricaricandoci di energie che si sarebbero rivelate preziose in questo bellissimo e movimentato viaggio.
Emozionati ed eccitatissimi sbarchiamo l’indomani a Rosolare, nel sud-est dell’Irlanda, nessun itinerario prestabilito né prenotazioni fatte; unica decisione presa, quella di percorrere l’isola circolarmente in senso orario, mantenendo la costa sempre sul lato del guidatore.
Direzione: Harley Davidson di Waterford per un piccolo problema alla “trudy” brillantemente risolto dai ragazzi dell’officina, che dopo aver finito di rimetterla in forma ad un costo decisamente onesto, hanno rifocillato anche noi (a quel punto liberi dall’ansia che ci prende ogni qualvolta portiamo la “piccola” dal “dottore”…) con the e caffè bollenti, biscottini e un buon assaggio del calore ed ospitalità irlandesi.
A Kilkenny vediamo il nostro primo, monumentale castello, a Cashel con le sue splendide rocca e abbazia, troviamo un delizioso bed e breakfast gestito da un simpaticissimo personaggio, Patrick, rapito dalla trudy e dalle belle donne.
Prima colazione irlandese (praticamente un pranzo) a base di uova, salsicce, toasts con burro e marmellata fatta in casa, macedonia, succo di frutta, caffè e delizioso pane lievitato col bicarbonato; posso provarlo, ho le foto, per tutto il nostro soggiorno abbiamo iniziato le giornate così!
Si riparte ed Eclisse (Alessio) ormai si destreggia con la guida a sinistra meglio di un vero irlandese (giusto qualche incertezza con le rotatorie che ovunque sostituiscono i nostri incroci, da quelle enormi piene di uscite ad una piccolissima non più grande di un piatto da portata…) nonostante le strade non siano bellissime, strette, spesso piene di curve e quasi sempre accidentate (dopo averle percorse i sampietrini delle strade di Roma non possono farci altro che il solletico…). L’asfalto invece, grazie alla miriade di pietruzze rosse e verdi che vi sono inglobate è realmente drenante (dovrebbero adottarlo anche da noi!) e nonostante le piogge continue rende la guida sul bagnato molto più sicura. Veramente insoliti i limiti di velocità: su stradine che da noi non permetterebbero più di 40/50 km orari, qui il limite massimo è di 80/100 all’ora (e rispettandolo, corrono tutti come pazzi!!!).
A Cork scopriamo che la disponibilità degli irlandesi non è un luogo comune: chiediamo un indicazione ad un tassista che, per essere sicuro che arrivassimo a destinazione, ci invita a seguirlo, accompagnandoci dall’altra parte della città, in direzione opposta a quella in cui stava andando prima di incontrarci!
Gli irlandesi in auto ed in moto sono molto disciplinati (perlomeno gli adulti) ciononostante anche le piccole città sono spesso congestionate dal traffico; proprio a Cork, tentando di glissare una fila siamo stati prontamente riportati all’ordine dai clacson degli adirati automobilisti presenti….. Lezione imparata! Ganasce e multe si sprecano anche qui, consigliabili, anche se abbastanza cari, i parcheggi a pagamento presenti ovunque.
Dopo averla visitata, pernottiamo a Killarney, punto di partenza per l’impegnativa visita dell’indomani, il giro del Ring of Kerry, un circuito stradale che percorre la penisola di Iveragh mostrando panorami mozzafiato diversissimi fra loro, laghi ed isole, montagne, spiagge meravigliose e superbi resti medievali.
Il tempo non ci assiste; la pioggerellina sottile e di breve durata che Luca ci aveva descritto come tipica di questo paese, a causa di una insolita perturbazione, lascia il posto alle
“secchiate” d’acqua e al freddo gelido che ci accompagnano praticamente per tutto il viaggio, ma autentiche meraviglie ci ripagano ampiamente della fatica e del clima inclemente.
La trudy si rivela meglio di un 4x4 e percorre sentieri sterrati e fangosi percorsi da noi e da mucche per niente amichevoli, si inerpica su strette stradine di montagna a strapiombo sull’oceano protetta solo da bassi muretti di pietra (e spesso nemmeno da quelli!!!) ci porta al di fuori dei tradizionali circuiti turistici ed in pieno Agosto, ci troviamo da soli ad ammirare pietre millenarie ed una natura selvaggia ed incontaminata.
Attraversando nuvole tanto basse da toccare il terreno percorriamo “bogs” (torbiere) che si perdono nel nulla più assoluto, costeggiamo laghi azzurro ghiaccio scorgendo castelli e conventi avvolti nella nebbia, visitiamo animati paesini dalle case multicolori e villaggi di pescatori dai tetti di paglia, tutto nei 179 km di questo incredibile percorso.
Provati dall’intensità della giornata, ci fermiamo a Listowel , dove la signora Nora e suo marito, proprietari del b&b dove passiamo la notte ci dispensano utili consigli per l’itinerario del giorno dopo.
Grazie a loro, la traversata in traghetto da Tarbert a Kilrush ci permette di proseguire il nostro itinerario costiero evitando le autostrade interne, una vera delizia per occhi ed anima, un po’ meno per la trudy e per le nostre schiene che iniziano ad accusare i “colpi”….
Attraversando la contea di Clare ci avviciniamo ad una delle visioni più maestose e suggestive offerte da questa incredibile isola: le Cliffs of Moher, ripide e scoscese scogliere scure che si innalzano a strapiombo sull’oceano per più di 200mt., perennemente spazzate da un vento inimmaginabile che vincendo perfino la forza di gravità, solleva l’acqua marina facendola risalire lungo la roccia sotto forma di piccoli ruscelli, per poi ricadere al suolo (e sui visitatori) come una pioggia salata. 
Da notare l’intensità del vento, talmente impetuoso da riuscire a trascinar via addirittura Eclisse ( che non si può proprio definire …… un fuscellino!).
Dirigendosi verso Galway attraversiamo una spettacolare zona pietrosa dal fascino intenso e lunare, il Burren; calcare chiaro smussato dalla forza degli elementi assolutamente inaspettato dopo la moltitudine di paesaggi cosi intensamente “verdi” percorsi fin lì…
Zuppi e gocciolanti (come ormai d’abitudine) a Galway una giovanissima padrona di casa ci apre le porte del suo delizioso b&b; una cena favolosa a base di Irish stew (stufato irlandese) ed altri manicaretti tipici ci rimette al mondo.
Dopo un paio di giorni di disorientamento abbiamo anche imparato a gestire gli strani (per noi) orari di pubs e ristoranti; nei primi si cena massimo fino alle 18.00, nei secondi non più tardi delle 21,30, dopodiché, tutti di corsa al pub preferito per conversare, ridere, improvvisare sessioni di musica tradizionale, battere il tempo e cantare, tutto, naturalmente facendo ondeggiare generose pinte di nettare scuro e spumoso e che sia Guinness, Murphy’s o Beamish, poco importa: salute! o meglio SLAINTE!!!!
Il Connemara ci stupisce con un enorme varietà di paesaggi: coste frastagliate ed alte montagne, innumerevoli laghetti sparsi nelle vaste torbiere, foreste ed incredibili spiagge dall’aspetto quasi tropicale, sabbia bianca o rosata ed acqua cristallina dalle mille sfumature di turchese.
Siamo in una zona di lingua gaelica e perfino i cartelli stradali qui sono privi della traduzione in inglese! Aiutandoci con la cartina, qualche gentile indicazione e mooooolto intuito (quello che inizia con la C. per intenderci..) riusciamo comunque a destreggiarci in questi magnifici posti, nonostante le pecore del Connemara (quelle con muso e zampe nere….) padrone indiscusse delle strade.
Pernottiamo a Ballina da una coloratissima signora di nome Adrienne; in Irlanda, la tradizionale frase di benvenuto in lingua gaelica scritta un po’ ovunque”cead mile failte”, letteralmente “100000
volte benvenuto”, non è solo un modo di dire ma la reale espressione di un sentimento comune: nelle città come nel più piccolo villaggio ci è capitato spessissimo di essere salutati come conoscenti, ed in moto, persino gli automobilisti incrociandoci, sorridevano facendoci cenno.
Da Sligo ci dirigiamo a Carrowmore dove visitiamo il cimitero megalitico più grande d’Irlanda: colline di un verde accesissimo disseminate di dolmen, cerchi di pietre e tumuli a perdita d’occhio.
Presi dall’atmosfera estremamente suggestiva di questi luoghi, decidiamo di visitare anche il poco distante ma faticosissimo da raggiungere tumulo di Knoknarea, dove si pensa sia sepolta la leggendaria regina Maeve. Eclisse non si è ancora ripreso dal trauma della scalata….
Tirando dritto verso nord raggiungiamo la mitica Giant’s Causeway, un grande insieme di colonne di roccia d’origine vulcanica perfettamente ed incredibilmente esagonali che dalla costa innalzandosi, si spingono nell’oceano come resti distrutti di un antico sentiero costruito da esseri mitologici ad unire Irlanda e Scozia (formazioni simili si trovano anche sulla costa dell’isola i Staffa in Scozia).
L’alzarsi della marea con le sue onde gigantesche e fragorose rende ancor più suggestiva ed indelebile la visione di questo luogo…
A malincuore ci accingiamo a trovare una sistemazione per la notte, non prima però di una fugace sosta a Bushmills, per la foto di rito alla trudy davanti all’omonima distilleria…
A causa di un evento sportivo che ha causato il “tutto esaurito”, vaghiamo per le campagne irlandesi per ore, di paese in paese, completamente al buio e su strade terribili, sotto la solita pioggia scrosciante; a tarda notte, finalmente, troviamo una camera in una locanda e, nonostante l’ora, una zuppa bollente e una serata di musica tradizionale, non ci vengono rifiutate.
Tutta la giornata seguente viene occupata dal viaggio di riavvicinamento alla parte sud (da dove siamo partiti) e dalla visita alla superba necropoli neolitica di Brù na Boinne con i siti di Newgrange, Knowth e Dowth, affascinanti ed interessantissimi con le loro pietre incise e scolpite da motivi a spirale.
A Dublino pernottiamo in casa di un tatuatissimo ex marinaio, John, e dall’abbaino della mansarda dove alloggiamo assistiamo al più bel tramonto di tutto il viaggio…. Il tempo di asciugarsi un po’ e via a passeggio per le vie della città e per l’immancabile serata nel movimentato e chiassosissimo quartiere di Temple Bar (l’ideale per ogni Harleysta che si rispetti…)
Il mattino dopo tappa all’ Harley Davidson Dublin per gli immancabili souvenirs (che volete è più forte di noi.) e partenza per le Wicklow Mountains, a pochi km da Dublino: a due passi da una grande città un vero paradiso naturale selvaggio ed incontaminato.
Seguendo la Military Road, percorriamo brughiere e paesaggi alpini, passi montani ad alta quota, spettacolari valli e laghi glaciali, alte torbiere perse fra le nuvole basse, impressionanti cascate, boschi e radure incantate.
Il peggioramento del clima (siamo a pochi gradi sopra lo zero sotto una pioggia se possibile peggiore di tutta quella “presa” fino ad allora) ci costringe ad una sosta forzata a solo la metà del nostro giro; fradici ed esausti (ormai la stanchezza dell’intero viaggio pesa su di noi, l’indomani il traghetto da Rosslare ci avrebbe riportato in Francia) ci infiliamo in un provvidenziale pub al crocevia per Laragh per una corposa pausa pranzo.
Lo stufato alla Guinness più buono del mondo ci risolleva il corpo ma non lo spirito, quindi sconfitti dal tempo ci accingiamo a risalire in moto ancora sotto l’acqua per dirigerci in città, quando un omone in tenuta da moto antipioggia ci si avvicina a mano tesa con un gran sorriso e si presenta; si chiama Dave, è un Harleysta di Dublino ( il suo bel Fatboy è parcheggiato sul retro del pub) che come può salta in moto e viene a perdersi fra queste montagne che ormai conosce come le sue tasche. Ci dice di aspettare che di lì a poco sarebbe uscito il sole; con precisione cronometrica la “profezia” si avvera e Dave cartina alla mano ci fornisce preziosissime indicazioni sull’itinerario a seguire, naturalmente dopo averci convinti a proseguire il n ostro giro.
Rinfrancati dall’incontro riprendiamo la strada interrotta: il sole rende i colori saturi ed accecanti, i laghi scintillano, scuri torrenti color della birra (con tanto di schiuma bianca!) attraversano le torbiere, le montagne si stagliano contro un cielo dai colori indescrivibili e la stanchezza scivola via per lasciare il posto allo stupore per tanta incontenibile bellezza.
Ad un certo punto suonano alle nostre spalle; è Dave che ci si affianca e per più di due ore ci accompagna in quello, che grazie a lui come cicerone, diventerà un’esplorazione memorabile….
Il Liffey, il fiume che bagna Dublino (e con le acque del quale si fa la Guinness) qui è solo un rivolo d’acqua che scorre in mezzo all’erba, gli scenari fantastici dove è stato girato “BraveHeart” (si, qui, non in Scozia), la tenuta incantata della famiglia Guinness bagnata da un lago nero e spumoso a forma, naturale, di pinta (giuro!!!) il Lough Tay, gli Upper e Lower Lake contornati da suggestive rovine e cimiteri dalle caratteristiche croci, le antiche torbiere (affinché si formi un solo pollice di torba sono necessari migliaia di anni…) praticamente tagliate a fette al fine di ricavarne una sorta di mattoni da usare come combustibile, i cervi che affollano le radure e le pecore un po’ ovunque ingombrano le strade senza dar mostra di volersi spostare.
Semplicemente indescrivibile….
Il nostro grandioso anfitrione si congeda da noi solo dopo averci portato fin sull’autostrada in direzione Wexford, dove ci dirigiamo per passare la notte.
All’indomani dopo una visita della tranquilla cittadina, ci avviciniamo lentamente e senza molta voglia al porto di Rosslare; la stessa nave dalla quale eravamo scesi nove giorni prima carichi di eccitazione sta per portarci via da questa terra meravigliosa e dalla sua gente fantastica, infinitamente arricchiti da questa nostra nuova esperienza e già pieni di nostalgia ancora prima di ripartire….. Un ultim o sguardo dal ponte della nave e una pinta levata a questo indescrivibile cielo.
Una lacrima riga i nostri volti: non sarà un addio, quindi……. A PRESTO!”
Maria Laura ed Alessio (Lalla ed Eclisse) in sella alla loro mitica Harley “Trudy” in 14 giorni hanno percorso 6.048 km partendo da Roma, sostando a Parigi e girando l’intera isola Irlandese.
Al loro ritorno, insieme a circa 800 meravigliose foto (che prima o poi riuscirò a caricare) hanno riportato nel loro cuore ciò che molte volte avevano sentito da me descrivere….. l’ AMORE per una terra e per un popolo i cui colori e il cui calore entra nel sangue, “contaminandolo” e facendo ammalare chi ne rimane colpito di quella malattia chiamata………….

ISOLA DI SMERALDO.
Un grazie particolare ai miei due amici ed ai loro “appunti di viaggio”…..
Un saluto e un abbraccio a tutti coloro che come noi amano questa terra meravigliosa.

mercoledì 17 novembre 2010

Gli Elfi
Prima di partire con le spiegazioni inerenti agli elfi, è necessario far notare la confusione che regna fra le creature aderenti al cosiddetto piccolo popolo. La confusione in ambito mitologico non è una novità, ma su quello che riguarda gli elfi e un caso abbastanza particolare. Gli elfi sono confusi per esempio con i folletti e molti affermano che sono una sottospecie di loro, l’unica differenza è che questi ultimi sono minori di statura. Altri invece li crederono i compagni delle fate, poiché in molte raffigurazioni li troviamo con le ali mentre volano. Un altro esempio invece riguarda gli elfi oscuri, che vengono scambiati con i nani.
 Non solo la loro natura viene molto confusa, ma pure la loro origine, il luogo dove vivono, come sono stati creati e se sono malevoli o benevoli.
L’origine del nome elfo si presuppone risalga dall’antica parola nordica alfr, che sta appunto ad indicare elfi come simboli delle forze dell’aria, dell’acqua, del fuoco, della terra e di tutti i fenomeni atmosferici in generale.

Ci sono innumerevoli leggende che narrano della creazione degli elfi, una delle quali presuppone che siano stati concepiti come anime dei defunti e in seguito adorati come forze che favorivano la fecondità della Madre Terra.

Invece nella mitologia nordica le cose si sviluppano in modo molto differente, ma bisogna partire dall’inizio, ossia dalla creazione del mondo.

I primi esseri furono un gigante e una mucca. Il gigante era nutrito dal latte della mucca e generò due coppie, che in seguito generarono i giganti. La mucca leccando il ghiaccio diede vita ad un essere antropomorfo, che a sua volta generò un figlio. Questo si accoppiò con una gigantessa ed ebbero tre figli: Odino, Vili e Vè. I tre fratelli crearono l’universo plasmando il corpo del gigante primordiale, dopo averlo ucciso. Poi venne creata la prima coppia umana con due tronchi. L’universo che crearono era composto da tre dischi sovrapposti e contenevano nove mondi.  A metà strada vi era Midgard la dimora degli uomini, Jotunheim si trovava ad oriente di Midgard ed era la terra dei giganti. Sempre verso ovest di Midgard vi era Midavellir, la terra dei nani formata da cunicoli sotterranei. Poco più sotto Midavellir vi era Svartalfheim la dimora degli elfi oscuri. Ancora più in profondità vi era una delle regioni più oscure il Ninfheim dove viveva una fanciulla orribile di nome Hel. Invece, al livello superiore c’era Asgardh la dimora di divinità guerriere, gli Asi. Ad Asgardh vi era anche il valhalla ( o vallala) dimora dei guerrieri caduti in battaglia, qua essi si esercitano combattendo fino a quando all’ultimo giorno non si apriranno tutte le cinquecentoquaranta porte del valhalla. Cerano due altri regni superiori: l’Alfheim appartenente al dio Frey dove dimorano gli elfi della Luce e il Vanaheim dimora dei Vani dei della  fertilità e della pace.

Come si può notare, nella mitologia celtica, gli elfi non sono tutti creature dolci e leggiadre, ma esistono anche elfi oscuri. Queste due categorie d’elfi, vengono anche chiamate in maniera differente: i Dokkalfar sono gli Elfi Oscuri e i Liosalfar ( o Ljosalfar) sono gli Elfi della Luce.

Fra i Dokkalfar e i nani, si dice che non ci siano grandi differenze, poiché entrambi erano nati come vermi dalle carni in putrefazione del gigante primordiale. Questi elfi oscuri vengono spesso confusi con i nani, poiché come essi vivono nei tumuli proprio come i morti, ed è anche per questo che vengono associati agli spiriti dei defunti. Anche se i Dokkalfar sono associati ai nani, a differenza di loro hanno le sembianze e lineamenti umani ed hanno la capacità di mutare forma. Invece, per i Liosalfar si dice che siano creature quasi divine, luminose e sono più belli del sole. A questi elfi della Luce erano offerti sacrifici per la buona fortuna o per il buon raccolto, appunto perché erano associati alla fertilità. Gli elfi sono creature che incarnano la Natura e anche la Magia, non per niente secondo varie leggende questi esseri con il loro potere danno colore e profumo ai fiori. Erano ritenuti immortali e capaci di magie d’ogni tipo, come il poter diventare invisibili ed  il riuscire cambiare le proprie sembianze.

Sia per i celti che per vichinghi, gli elfi erano pressoché vicini agli dei, erano il tramite fra il mondo spirituale ed il mondo materiale (Natura) e per questo venivano venerati. Per i celti erano esseri di spirito che andavano e venivano dal regno dei morti. Invece, per i vichinghi erano esseri al di fuori delle terre conosciute all’uomo, le terre mortali. Per molte altre culture erano spiriti della natura, veri e propri spiriti elementari che ovviamente gestivano la Natura.

Purtroppo anche queste creature subirono una demonizzazione da parte della chiesa, vennero definiti esseri del Caos, che stava a evidenziarne il lato selvatico e imprevedibile. Per queste ragioni temevano il metallo, che era frutto del lavoro ordinato e preciso umano. Inoltre queste creature secondo la chiesa, dovevano detestare il sale, poiché esso serve per conservare la carne (quindi per non farla “trasformare) e se gli elfi venivano cosparsi col sale non potevano dare sfogo alla loro natura mutevole. E dopo tutto questo, la croce e la fede divennero le armi per eccellenza contro gli elfi.

Termino dicendo che la storia degli elfi agli occhi umani è sempre stata tormentata: nascono simili alle divinità, diventano creature orribili e ripugnanti, cambiano in figli prediletti degli dei con Tolkien ed in fine invadono i giochi di ruolo fantasy.

Da "Il Canto della Dea"

martedì 9 novembre 2010

Sogni

 Non perdere mai la speranza nell’inseguire i tuoi Sogni,
perché c’e’ un’unica creatura che può fermarti,
e quella creatura sei tu.
Non smettere mai di credere in te stessa e nei tuoi sogni.
Non smettere mai di cercare,
tu realizzerai sempre ogni cosa ti metterai in testa.

L’unico responsabile del tuo successo
o del tuo fallimento sei tu, ricordalo…
ogni pensiero o idea pronunciata a voce alta viaggia nel vento,
la voce corre nell’aria, cambiandone il corso.
Se sei brava da udire abbastanza,
tu potrai ascoltare l’eco di saggezze
e conoscenze lontane nel tempo e nello spazio.
Tutto il sapere del mondo e’ a disposizione di chiunque sia disposto
a credere e a voler ascoltare.

La libertà e’ una scelta che soltanto tu puoi fare:
tu sei legata soltanto dalle catene delle tue paure.
Non e’ mai una vera tragedia provare e fallire,
perché prima o poi si impara, la tragedia e’
non provarci nemmeno per paura di fallire.

Mentre noi possiamo orientare
le nostre mosse verso un obiettivo comune,
ognuno di noi deve trovare la sua strada,
perché le risposte non possono essere trovate
seguendo le orme di un’altra persona….
Se tu puoi compiere grandi cose quando gli altri credono in te,
immagina ciò che puoi raggiungere
quando sei tu a credere in te stessa.

Peter O’Connor, da "Ali sull’oceano"

lunedì 8 novembre 2010

Se tu sapessi con quanto amore seguo i tuoi passi

Se tu sapessi con quanto amore asciugo le tue lacrime 
Se tu sapessi con quanto amore ti prendo per mano affinché tu non cada
Se tu sapessi con quanto amore ti guardo mentre annaspi nel caos della vita
E ogni istante, minuto, ora della giornata ti sono accanto.

Ora non volo ma cammino assieme a te a fianco a te.

Io sono il tuo angelo quello della tua anima, del tuo cuore 
quell'angelo che ogni mattina ti sveglia con un bacio e ogni notte,
apre le sue ali per riscaldarti il cuore. 

Io sono il tuo angelo, quello che mai ti abbandonerà quell'angelo che aspetta solo un tuo
...si....per rivelarsi al tuo cuore.

Se tu sapessi con quanto amore guardo il tuo sguardo che a volte è così triste
e non ce la fa a vedere la luce.
Se tu sapessi con quanto amore stringo al tua mano quando scrivi parole che non riesci a condividere
se tu sapessi con quanta gioia mi stringo al tuo cuore quando regali un sorriso.
Se tu sapessi.. che ti sono accanto sempre in ogni istante e maggiormente nei momenti difficili.
Raccolgo i ricordi più belli che a volte tendi a dimenticare
raccolgo l'amore seppellito nel tuo cuore e te lo ripropongo attraverso gli incontri casuali
attraverso il tuo stesso sguardo riflesso su di uno specchio.


Se solo sapessi quanto soffro insieme a te dell'amaro della vita
Vorrei accarezzarti con mani di carne..ma lo sussurro a chi ti sta accanto..
vorrei dirti le parole più vere dell'amore, ma lo suggerisco a chi ti regala una parola.
Vorrei vederti raccogliere tutto l'amore che semini per sentirti soddisfatto della tua vita

ma come ogni cosa.. il tempo lascerà crescere il frutto che tu stesso hai fatto nascere.


venerdì 5 novembre 2010

L'ombra e la stella




Quel che fu all'inizio fu solo silenzio,
un vuoto nero, oscuro più della notte,
senza una stella a illuminarmi il cammino,
senza la dolce luna a guardarmi da vicino.
Buio tra gli alberi alti e fruscianti,
ombre sulla strada di terra e sassi,
silenzio nella notte, silenzio nel cuore,
solo la brezza mi scuote e le foglie muove.
Io cammino, non c'è nulla e il cuore si spaura,
io corro, con il nulla che mi segue e mi precede.
Poi d'un tratto, una luce laggiù nel prato,
le mani agli occhi porto in un gesto disperato,
una stella è caduta, una stella è lì da sola.
La luce si attenua, sento una voce:
"Vieni piccola mia, non sono una stella,
sono la luce del tuo cuore che ti libererà."
E' una voce cristallina,
come di cento campanelle,
dolce e vellutata,
che arriva dritta al cuore.
Esco dalle ombre un po' titubante,
ma non mi lasciano, le ombre,
non mi fan andare tanto distante.
guardo ai miei piedi e le vedo che si muovono,
mi tengono, mi stringono, non mi lasciano i piedi.
Guardo la stella per cercarne l'aiuto,
guardo la stella e faccio un passo,
guardo la stella e ne faccio un altro,
Poi mi giro e sono libera,
anche se le ombre sono sempre là,
che si muovono e si allungano,
come dita scheletriche si contorcono,
ma non mi toccano, e infine,
nel silenzio di dolore urlano.
la paura d'esse mi assale,
mi giro e guardo davanti a me,
con gli occhi sbarrati di paura
vedo la stella danzare, la sento cantare:
"Vieni, piccola bambina, vieni da me piccina,
dove c'è luce ci son anche ombre,
ma con me non temere, saran paure passeggere."
Biondi riccioli e ali splendenti,
occhi verdi e sorridenti,
bianco è il viso, candido il vestito.
Si muove con quelle sue alette,
come se fosse un colibrì: le sbatte,
le muove eppur non c'è vento,
ma nell'aria un profumo spande.
E' dolce il viso, è delicata la voce,
mi chiama, mi vuole, è un canto che seduce.
Lo guardo stupita, mi acceca la sua luce,
d'improvviso mi abbaglia, devo chiudere gli occhi,
sfregarli forte, forte e riaprirli.
Rimango di stucco, non c'è più la stella.
Ma sono felice poiché sono uscita dal bosco tenebroso,
ora invece innanzi a me c'è un grande prato erboso.
Guardo il cielo e ora c'è la luna,
amica mia inseparabile, argentea amica di luce.
Ci sono anche le stelle, tante, luminose e belle,
una, la più luminosa, brilla come se ammiccasse.
Sorrido e guardo davanti a me.
Non più paura, non più terribili ombre,
ma prati, fiumi e chissà cos'altro



da "Il  boschetto di Ylith"

lunedì 25 ottobre 2010

Dove si nascondono i sorrisi


Non servono occhi per vedere i Sogni
Non c'è una scuola che insegni ad amare,
Non ci sono nemici che ti facciano scordare chi ti ama...
Nessuno può rubare ciò che fa parte della tua anima...
Perciò, che tu sia un elfo, uno gnomo, un goblin fracassone...
Non commettere i miei errori,
Chiudi gli occhi e apri il cuore,
Solo lui saprà dirti che i tuoi Sogni sono sempre lì,
Ti aspettano e ti osservano con affetto
Attendendo il momento in cui aprirai di nuovo la porta dell'anima...
Ti accoglieranno sempre con gioia e calore...
Non aver paura di Sognare...
Qualcuno l'ha detto anche a me...
AVEVA RAGIONE!

dal "Boschetto di Ylith"

lunedì 27 settembre 2010

Il vecchio e la farfalla


La grande quercia
che da sempre vegliava,
come un custode al confine del prato, 
lo vide, un giorno apparire da lontano: 
un vecchio uomo dal passo un po' lento... 
"Vieni, vecchio uomo, il tuo riposo io sarò, 
il tuo corpo stanco in un dolce abbraccio accoglierò. 
Vieni, vecchio uomo il tuo riposo io sarò, 
al canto delle fronde il tuo capo cullerò". 
Il vecchio uomo 
alla quercia si affidò
e dolcemente, poi si addormentò... 
L'uomo dormiva 
e tra sé sorrideva, 
col vecchio capo appoggiato alla mano: 
sognò di essere diventato farfalla, 
di avere lasciato il suo vecchio corpo... 
la farfalla gialla su di un altro fiore si posò, 
di essere un vecchio uomo addormentato poi sognò. 
La farfalla gialla su di un altro fiore si posò 
di essere un vecchio uomo addormentato poi sognò. 
L'uomo dormiva 
e tra sé sorrideva 
col vecchio capo appoggiato alla mano: 
la farfalla gialla su di un altro fiore si posò 
di essere un vecchio uomo addormentato poi sognò. 
La farfalla gialla su di un altro fiore si posò 

di essere un vecchio uomo addormentato poi sognò.

sabato 25 settembre 2010

Terra di Fate

Terra di Fate


(di Edgar Allan Poe) 

Valli di nebbia, fiumi tenebrosi
e boschi che somigliano alle nuvole:
poi che tutto è coperto dalle lacrime
nessuno può distinguerne le forme.
Enormi lune sorgono e tramontano
ancora, ancora, ancora ...
in ogni istante
della notte inquiete, in un mutare
incessante di luogo.
E così
spengono la luce delle stelle
col sospiro del loro volto pallido.
Poi viene mezzanotte sul quadrante lunare
ed una più sottile delle altre
(di una specie che dopo lunghe prove
fu giudicata la migliore)
scende giù,
sempre giù, ancora giù,
fin quando
il suo centro si posa sulla cima
di una montagna, come una corona,
mentre l'immensa superficie,
simile a un arazzo,
s'adagia sui castelli
e sui borghi (dovunque essi si trovino)
e si distende su strane foreste,
sulle ali dei fantasmi, sopra il mare,
sulle cose che dormono e un immenso
labirinto di luce le ricopre.
Allora si fa profonda - profonda! -
la passione del sonno in ogni cosa.
Al mattino, nell'ora del risveglio,
il velo della luna si distende
lungo i cieli in tempesta e,
come tutte le cose,
rassomiglia ad un giallo albatro.
Ma quella luna non è più la stessa:
più non sembra una tenda stravagante.
A poco a poco i suoi esili atomi
si disciolgono in pioggia: le farfalle
che dalla terra salgono a cercare
ansiose il cielo e subito discendono
(creature insoddisfatte!) ce ne portano
solo una goccia sulle ali tremanti.

venerdì 24 settembre 2010

Perchè "La terra di Erin" ?

Ho voluto dare questo nome al mio blog ed alla mia pagina di facebook proprio in onore al mio
amore per l'isola di smeraldo.
Ma perchè proprio..... Terra di Erin ?

Erin/ Eire (o anche terra di Eriu) era la divinità dei Tuatha De Danann che meglio incarnava la fertile terra, la verde terra abitata da quel popolo misterioso, forse semi-divino che abitò l'isola.
Erin, come molte altre divinità celtiche, aveva poi un triplice volto, rappresentato grazie a due sorelle (Banba e Fòdla), che stavano ad indicare la terra fertile, quella carica di raccolto e quella invernale, a raccolto avvenuto, in maniera simile a tante rappresentazioni della dea Madre, venerata da tante civiltà...(spesso rappresentata in triplice veste di giovinetta, donna e vecchia).
L’Irlanda viene chiamata Erin in gaelico: questa parola significa “terra di Ériu”, l’antica dea-terra della verde isola. Quando la si guardava, la dea aveva alcune volte le sembianze di una donna enorme e bella, altre quelle di una cornacchia grigia dal lungo becco. Maga senza pari, viveva sopra una collina al centro dell’isola. Man mano che invecchiava la collina diventava più grande. Era in grado di scagliare delle zolle estratte dalla montagna contro i soldati nemici: le zolle si trasformavano in guerrieri ed Ériu, inevitabilmente, vinceva (da Silvia Calamati, Figlie di Erin – Voci di donne dell’Irlanda del Nord).







Siamo qui......per voi

La Terra di Erin è tornata... Se la conoscevate, tornerete da Lei; se non la conoscevate, provate a scoprirla.... 
L'Irlanda, la Terra di Erin, è una terra che si riesce ad amare anche solo guardando delle foto: il verde smeraldo dei prati, il verde azzurro del mare, l'azzurro del cielo, le sfumature infinite dei verdi e... degli azzurri, dei colori della terra e delle rocce... Poi ne ascolti la musica e ti senti trasportare in un tempo indefinito, è il richiamo alle origini del mondo, senti che sei parte di un progetto più grande di te, più grande dell'umanità, senti la voce degli alberi, dei fiori, delle rocce, del mare, della natura tutta; ti accorgi che non è vero che l'uomo è al centro dell'Universo, ne è una parte, come lo è un vulcano, come lo è una pietra, come lo è una farfalla... Inizi a credere anche alle fate, ai folletti ed a tutto quel mondo fantastico che la nostra abitudine alla razionalità ci ha cancellato dalla memoria; scopri che non l'hai cancellato, che tutte le favole che hai ascoltato da bambino sono ancora dentro di te, nei tuoi sogni.. 
Sogna, non solo di notte, sogna.. I tuoi sogni saranno un richiamo per gli unicorni: li sentiranno e verranno da te, ti permetteranno di cavalcarli, ti porteranno attraverso le nuvole e le stelle, sfiorando la luna, ti depositeranno nella terra delle fate e dei folletti... Li scoprirai che esiste un'altra realtà, la realtà della fantasia e, se il tuo cuore saprà aprirsi ad altre realtà, scoprirai o riscoprirai un mondo diverso, che parla al tuo cuore, che sconvolge le tue convinzioni..... Vieni con noi, abbi il coraggio di sognare! 
Deirdre

mercoledì 22 settembre 2010



TROVA IL TEMPO

Trova il tempo di riflettere, 
è la fonte della forza.

Trova il tempo di giocare, 
è il segreto della giovinezza.

Trova il tempo di leggere, 
è la base del sapere.

Trova il tempo d'essere gentile, 
è la strada della felicità.

Trova il tempo di sognare, 
è il sentiero che porta alle stelle.

Trova il tempo di amare, 
è la vera gioia di vivere.

Trova il tempo d'essere contento 
è la musica dell'anima.